Presso l’onde tranquille
di cristallino rio,
un pastorel vidd’io
che da gl’occhi cadean lagrime mille.
Al fin gl’occhi volgendo al ciel gl’affisse
con un grave sospir, e così disse:
«O più ch’alpestre sasso,
o più che tigre ircana,
rigida ninfa e strana
che mai non volgi a miei lamenti un passo,
in qual selva, in qual antro, in qual confine
imparasti a soffri l’altrui ruine?
Mira, come si strugge
questa vita infelice,
odi ciò che ti dice
lo spirto mio che m’abbandona è fugge;
se non prendi pietade al mio dolore,
ben sei tigre, o sei sasso, o non hai core.»