Quando spiega la notte umida l’ali,
al mondo nunzia di giocondo oblio,
depongono i mortali
ogni pensier più rio.
Et io trafit’il seno
per l’ombre oscure e chete,
oh, ritrovassi almeno
all’amaro veghiar dolce quiete!
Sonno, soave spene
de’ più noiosi affanni,
stendi sovra di me tacito i vanni,
soccorri alle mie pene!
Quando sul carro d’immortale argento
Cinzia trascorre i luminosi giri,
io muovo il piè non lento
nuovi a cercar martiri.
E là m’aggiro, e torno
ove splende quel sole,
ch’all’altro sol fa scorno,
sol che solo il mio cor sospira e vuole.
Sonno, diletta spene
di chi piangendo langue,
non è più pianto quel ch’io verso è sangue,
soccorri alle mie pene!
Quando del biondo crin gl’aurei tesori
riporta Febo a non veduto polo,
dormon sul prato i fiori,
ferman gl’augelli il volo.
Io tra duri lamenti
non chiudo al sonno i lumi,
che d’allegrezza spenti
troppo fiero martir converte in fiumi.
Sonno, soave spene
d’un tormentato core,
s’amor non ha pietà del mio dolore,
soccorri alle mie pene!