Anime, voi che sete
da le furie d’abisso oppresse ogn’ora,
credete a me, credete,
che quel mal che v’accora
è un’ombra delle pene e del dolore
che geloso amator soffre in amore.
Chi non sa che cosa sia
gelosia, lo chied’a me,
lo dimandi all’alma mia
lo saprà dalla mia fé.
Che diranno ch’un affanno,
un tormento, un cruccio eterno:
un purgatorio alfin peggio è d’inferno!
Tale a punto io provo,
ch’idolatrando una beltà divina
io temo ch’ogni sguardo
d’amante insidiator non sia rapace,
per involar quel bel che sì mi piace.
M’ingelosisce ogn’astro,
mi turba ogni pianeta,
temo ch’il cielo istesso
non me la tolga un dì,
innamorato anch’esso
del bel che mi ferì.
Di chimere e di fantasmi
ho la mente instupidita,
pieno ho il cor di doglie e spasmi,
sta fra cruci la mia vita.
Ogn’ombra m’adombra
il core m’abbaglia
né mai da me sgombra
sì fiera battaglia,
onde ch’in tormentarmi
fors’è ch’io dica alfin in fiochi carmi:
«Chi non sa che cosa sia
gelosia, lo chied’a me,
lo dimandi all’alma mia,
lo saprà da la mia fé.
Che diranno ch’un affanno,
un tormento, un cruccio eterno:
un purgatorio alfin peggio è d’inferno!»