Tra romite contrade
mesto il cor, sparso il crin, vaghe le piante
folle men vivo, abbandonata amante.
Un ingrato Bireno
mi rapì, mi tradì,
m’allettò, mi schernì.
Sopra scoglio di fede
le promesse mi diede,
poi d’amante infedele
sul mar del pianto mio spiegò le vele.
Ma non curi, non curi,
lo scherno che mi fe’, scorno gli fia,
là dove il suol più s’erge,
là dove il suon rimbomba,
sarò delle sue fraudi e specchio e tomba.
Griderò, griderò:
Un ingrato Bireno
mi rapì, mi tradì,
m’allettò, mi schernì.
Per lui m’accesi il seno,
per me si punse il petto,
poi cangiando desio
saldò la piaga sua col foco mio.
Semplicette fanciulle,
che di finti amatori
siete in un tempo e predatrici e prede,
estinguete gli ardori,
non vi fidate, no non vi fidate!
Deh mirate, mirate
com’io piango gli errori,
com’erro senza guida.
Così va chi si fida!