Ecuba
Alle ruine del mio regno adunque
sopravvivo decrepita, e son giunta
a riputar il pianto
testimon trivial de’ miei dolori!
Onde va l’alma mia
cercando oltre le lagrime il tenore
di lamentarsi, mentre in questa notte
in un punto perdei
regno, patria, marito, e figli miei.
Tremulo spirito
flebile, e languido
escimi subito,
vadasi l’anima,
ch’Erebo torbido
cupido aspettala.
Povero Priamo
scordati d’Ecuba
vedova misera.
Causano l’ultimo
orrido esizio
Paride, e Elena.
Ahi, tra tanti nemici
prova il mio petto solo
penuria di ferite,
né cade ancor la mia tra tante vite.
Cassandra, ohimè Cassandra,
piango, piangi, piangiamo il caso estremo,
l’alba non rivedremo.
Vipera livida,
aspide pessimo,
mordimi, rodimi.
Intime viscere
spruzzano, stillano
fervide lagrime.
Crollano, tremano,
ardono, cadono,
portici, e tempii.
Vassene in polvere,
restasi in cenere,
porpora, e imperio.