Orfeo
Lasciate Averno, o pene, e me seguite!
Quel ben ch’a me si toglie
riman là giù, né ponno angoscie e doglie
star già mai seco unite.
Più penoso ricetto
più disperato loco
del mio misero petto
non ha l’eterno foco;
son le miserie mie solo infinite.
Lasciate Averno, o pene, e me seguite!
E voi, del Tracio suol piagge ridenti,
ch’imparando à gioir da la mia cetra
gareggiaste con l’Etra,
hor, all’aspetto sol de’ miei tormenti
d’horror vi ricoprite.
E tu, cetra infelice,
oblia gli accenti tuoi già sì canori,
e per ogni pendice
vien pur meco piangendo i miei dolori.
Son le gioie per noi tutte smarrite.
Lasciate Averno, o pene, e me seguite!
Ma che tardo à morire,
se può con lieta sorte
ricondurmi la morte
alla bella cagion del mio languire?
A morire! A morire! A morire! A morire!