Apollo
Ohimè, che miro? ohimè, dunque in alloro
ti cangi, o Dafne, e mentre in rami, e in frondi,
le belle membra oltredivine ascondi,
povero tronco chiude il mio tesoro.
Qual senso humano, o qual celeste ingegno
a sì profondo arcano arrivò mai?
Veggo d’un viso arboreggiare i rai,
trovo il mio foco trasformato in legno.